Come camminare con i tacchi senza dolori ai piedi

2022-07-23 01:53:25 By : Mr. Jason Zhong

Chi durante il lockdown ha vissuto in casa a piedi nudi ora può avere problemi a camminare come prima

Finito il lockdown, dopo mesi di piedi nudi e di infradito ho infilato le scarpe e ricominciato a camminare, credendo di poter riprendere da dove avevo lasciato. Peccato che i miei piedi non fossero preparati a ciò che li aspettava e si sono ribellati. Dopo qualche fastidioso avvertimento da me ignorato, il messaggio è arrivato forte e chiaro con fitte lancinanti al tallone che mi hanno letteralmente stesa, facendomi constatare in prima persona quanto la qualità della vita sia correlata alla capacità di muoversi.

Il dottor Rock Positano, direttore del Non-Surgical, Foot and Ankle Service dell’Hospital for Special Surgery di New York, italo-americano doc, mi ha letteralmente rimesso in piedi. Sono venuta così a sapere che subito dopo la pandemia c’è stato un aumento del 20/30 per cento dei casi di “piede pandemico”, come lo definisce il dottor Positano.

«È importante non sottovalutare i sintomi perché i problemi ai piedi, sebbene non pericolosi, sono deleteri per lo stile di vita», spiega lo specialista. Vero è che l’incapacità di muoversi influisce sulla possibilità di fare esercizio e di socializzare, con conseguenze anche psicologiche. E che durante la pandemia, le abitudini sono cambiate. «Chi normalmente prendeva i mezzi pubblici, per paura di essere contagiato ha iniziato a camminare di più, passando da due a sette chilometri al giorno. Il che sarebbe anche consigliabile come esercizio per regolarizzare pressione, circolazione, salute delle ossa e livello di glucosio, ma a chi non era abituato ha causato effetti contrastanti».

Camminare per lungo tempo senza il giusto supporto può danneggiare tendini e legamenti

Altro fattore: passare a casa molto più tempo ha portato le persone a camminare scalzi o in ciabatte. «Appoggiare la pianta direttamente sul pavimento, senza nessun supporto per periodi prolungati, fa sì che tendini, legamenti e ossa lavorino in modo sbagliato». Non è un caso poi che siano aumentati anche i dolori al tallone, che funge da ammortizzatore durante il movimento assorbendo impatti costanti. «La mancanza di un supporto adeguato ne compromette la funzionalità, innescando una serie di reazioni a catena. Il tallone stesso si infiamma, finendo per interessare la fascia plantare e la superficie grassa che la copre dando luogo così a una serie di ripercussioni su tutto l’assetto corporeo. Se il piede non funziona bene, il corpo inizia a compensare e i primi a risentirne sono ginocchio, anca e schiena». Si tratta di una tendenza decisamente in aumento indipendentemente dalla fascia d’età. «Abbiamo pazienti di trent'anni e persino atleti che, dopo aver ripreso gli allenamenti, hanno sviluppato questa patologia».

Se un problema ai piedi persiste per più di due settimane bisogna rivolgersi a uno specialista. «La diagnosi corretta è fondamentale» spiega ancora il dottor Positano. «Perché il 95 per cento di casi può essere risolto senza chirurgia. Spesso evitando un'operazione si possono prevenire guai ancora più seri». Come nel caso di Joe DiMaggio, noto giocatore di baseball, paziente e successivamente amico di Positano, che lo ha avuto in cura durante gli ultimi dieci anni della sua vita. Oltre ad aver scritto il libro Dinner with DiMaggio, il medico gli ha anche dedicato il reparto Joe DiMaggio Sports Medicine Center all'Hospital for Special Surgery in New York City. Unico negli Stati Uniti, qui da venticinque anni Positano si occupa anche di un vasto numero di pazienti internazionali, tra cui molti italiani, indirizzati qui dai loro specialisti. «Le terapie più efficaci che offriamo sono cicli di ultrasuoni terapeutici e onde d’urto (Epat). In alcuni casi prescriviamo plantari ortopedici fatti su misura per il paziente che hanno lo scopo di stabilizzare meccanicamente il piede. Per questo sconsiglio quelli commerciali perché troppo generici.

Nella mia pratica mi sono ispirato molto agli studi del piede di Leonardo da Vinci, che ne ha analizzato la struttura e il movimento per capire le dinamiche di questa “leva rigida” in grado di creare la forza propulsiva necessaria per camminare. Un vero prodigio di ingegneria naturale, la cui pianta è talmente individuale che, nei riconoscimenti è persino più affidabile delle impronte digitali».

Si può fare prevenzione? «Certo, dall’osservazione del tipo di piede di una persona - normale, piatto o con un arco alto - si può capire il tipo di patologia che potrà sviluppare. Meglio fare un controllo da giovani perché con il tempo tendini e legamenti tendono a spostarsi o non si sviluppano adeguatamente.

Consigli? «Al mattino, prima di scendere dal letto bisogna fare stretching per allungare i tendini e aumentare l’elasticità, rendendo il piede più mobile. I massaggi a volte funzionano ma non se il paziente ha un’infiammazione in atto perché in quel caso può addirittura peggiorare la situazione. Soprattutto a fronte di un sospetto di strappo.

La cosa migliore? È indossare le scarpe giuste. Con tre/cinque centimetri di tacco, che oltre a sostenere la giusta articolazione del piede, proteggono anche il ginocchio e il tendine di Achille sotto sforzo. Se quelle totalmente piatte e con suola sottile sarebbero da evitare, invece i tacchi alti possono essere indossati, ma per una serata in cui ci si possa anche sedere.

Camminiamo tutto il giorno su queste incredibili strutture anatomiche complesse, ma allo stesso tempo delicatissime che meritano tutta la nostra attenzione. E se i disturbi dei nostri piedi sono lo specchio delle nostre emozioni, prendendocene cura, ci prenderemo cura anche della nostra interiorità. «Spesso dimenticati e talvolta persino denigrati, sono in realtà le fondamenta del benessere di tutto il corpo che sui piedi si riflette. E per riappropriarci dei nostri piedi, così importanti per la salute psicofisica, dobbiamo solo imparare ad amarli di più».

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